Varese e Brescia non furono le uniche tappe della sua carriera di raffinato cultore del basket e di galantuomo nella vita. Nella storia di entrambe queste società lombarde, però, la figura di Riccardo Sales ha un posto di rilievo.
In terra prealpina il “Barone” – così era soprannominato, a sottolinearne la gentilezza nei tratti e un certo carattere aristocratico, evidenziato anche dai baffoni eleganti – fu voluto fortemente da Toto Bulgheroni.

Siamo nell’estate del 1983 e la Pallacanestro Varese, ormai allontanatasi la stagione dei trionfi targati Ignis e Mobilgirgi, stava costruendo le basi per un futuro tecnico nuovamente solido. Dopo i primi passi compiuti con Elio Pentassuglia e poi Richard Percudani, la nuova proprietà cercava un allenatore che potesse far compiere un salto di qualità.

La scelta cadde su un uomo, Sales appunto, che già aveva fatto bene a Brescia: qui, partendo dalla serie B, non solo aveva rimesso la squadra ai vertici del basket tricolore, ma anche saputo scovare dei giovani Usa come Marc Iavaroni e soprattutto Bill Lambeer destinati a una carriera Nba di successo. E in più, aveva affinato le doti tecniche e atletiche dei giovani Ario Costa e Marco Solfrini.

Un modello che poteva essere ripetuto a Varese? «Riccardo è la persona giusta» pensarono il presidente Toto Bulgheroni e il gm Marino Zanatta. Quest’ultimo aveva già testate su di sé le doti da allenatore di Sales quando, tra le fine degli anni ’60 e l’inizio del decennio successivo, giocava nell’All’Onestà Milano.
Non si sbagliavano: con il “Barone” Varese fece di anno in anno sempre meglio.

I suoi capolavori? Sapete chi scelse Corny Thompson nel mare magnum del basket oltreoceano? Sì, proprio Riccardo Sales. E con quale coach i tifosi bosini poterono riassaporare, per la prima volta dopo i mitici anni Settanta, il piacere di vedere il proprio quintetto disputare la finale di una competizione europea? Risposta facile: sempre lui, che nel frattempo aveva inserito Meo Sacchetti nell’ingranaggio della sua Ciaocrem. La Coppa Korac, nell’atto conclusivo disputato in una palestrina di Bruxelles, andò a una Simac Milano arricchita dalla coppia di lunghi Meneghin-Carroll e con uno Shoene da 33 punti.

Eppure da quell’insuccesso, ma soprattutto dal gran lavoro in palestra di Riccardo Sales, nacque quel capolavoro che fu la Divarese, portata da Joe Isaac e quindi da Giancarlo Sacco a un passo dal trionfo tricolore.

Antonio Franzi