Su una cosa Collovati aveva ragione. “Mastropasqua sarà il nostro allenatore fino al termine del campionato” disse il 16 ottobre. E, in fondo, alla fine sarà veramente così. Con una parabola non esattamente lineare ma, insomma, non è il caso di stare a guardare il capello. Il pretesto (privo di malizia, sia chiaro) serve a dare un senso ad un finale di stagione che (parafrasando il Blasco) un senso non ce l’ha davvero. A maggior ragione dopo il pareggino con il Pro Piacenza che, sposato con il successo dell’AlbinoLeffe sul Cuneo, significa gap salito a 11 punti e ipotesi playout definitivamente chiusa. Semmai fosse stata aperta. Una verità che è meglio dirsi senza sconti evitando quantomeno la retorica del “Dobbiamo vincerle tutte”. Purtroppo però, sempre a partire dalla gara successiva. Perché per fare tre punti ieri serviva ben altro. Ora l’attenzione è tutta spostata su quanto accadrà (e accadrà) nel cda tigrotto. Un confronto senza esclusioni di colpi in cui si giocherà il futuro sportivo e societario della Pro Patria.

Tornando all’insipido 1-1 del “Garilli”, la principale novità rispetto alla gestione precedente è stata il ritorno al 4-3-3. Un sistema di gioco complesso e di non semplice attuazione. Come dimostra la prova contraddittoria (tra gli altri) di Marra e delle mezzali. Servirebbe tempo. Che la squadra non ha. O non vuole trovare. Perché l’esonero di Pala ha avuto motivazioni poco tecniche e molto (se non esclusivamente) “ambientali”. E i due giorni di riposo (si riprenderà martedì) concessi alla squadra in vista del match di domenica con l’Alessandria sono la dimostrazione (ma non ce n’era bisogno) che lo spogliatoio conta. Eccome se conta.

Giovanni Castiglioni