Non era un semplice calciatore. Non lo è mai stato. Dai tempi del Corinthians -per chi mastica football una tra le migliori squadre di Sao Paulo- introdusse un nuovo modo di proporre Calcio, non solo piroettando sul campo, ma rivestendolo di impegno sociale. Riuscì a politicizzare il Futebol Sambado come nessuno mai. Nessuno più competente di lui, fu oracolo pedatorio attraverso i suoi magici tocchi di tacco, medico sportivo, allenatore ed amministratore di SocratesSocietà, ma, soprattutto, uomo libero, ultimo dei Mohicani depositari del bel gioco abbinato ad un cervello da genio. Da calciatore utilizzò il Futebol per lanciare messaggi. Nel 1982 il suo Corinthians vinse il Campionato dello Stato di Sao Paulo con la parola DEMOCRACIA stampata sulle magliette, deflagrando come una bomba nell’arena politica nazionale. I Corinthians Democratici furono un punto di riferimento per le controversie imperanti sulla democratizzazione del regime militare. I suoi personaggi di riferimento erano Che Guevara e John Lennon, “gli unici poster che metterei alle pareti” dichiarò. E si fece promotore di un’iniziativa per far eleggere il CT della Seleçao dal popolo “È di tutti e va scelto da tutti”. L’Uomo ed il Calciatore. Vederlo in campo suscitava sentimenti contrastanti, in un Calcio ove la dittatura dei preparatori atletici si stava mangiando la creatività, l’andamento lento del Dottor Socrates urtava la fame di “garra”, sangue agli occhi e narici fumanti degli amanti del calcio gladiatorio. O Doutor era l’esatto contrario. Era Bossa Nova. Movimenti misurati, lievi, eticamente autorevoli. Manteneva sempre la calma, non dava mai sfoggio di esuberanza, nemmeno dopo un goal. Nè velocità nè forza, solo intuito, trucchi, passaggi illuminanti. Giocava di spalle meglio di quanto la maggior parte dei calciatori giocasse di fronte. Socrates capitanò la Seleçao ai Mondiali spagnoli del 1982, portamento aristocratico, barba nera incolta, capelli arruffati, occhi scuri, sguardo corrucciato, più filosofo che atleta. Non era una semplice squadra di Calcio, era il “coraçao do Futebol“. Con lui, Zico e Falcao. Traditi solo dal destino. Bello da vedere sul terreno di gioco, straordinario da ascoltare. Si fece portavoce e difensore dei bambini, le crianças, sui campetti di periferia. Il “Magrao”, come era soprannominato, curò in prima persona la formazione e la preparazione degli allenatori attraverso corsi di pedagogia infantile e allenamento. Per i bambini è indispensabile avere la possibilità di creare e divertirsi con il pallone piuttosto che imparare sistemi tattici. Eccolo il mio Socrates, il mio personalissimo pensatore, il mio punto di riferimento all’ISEF. Rispetto ed educazione. L’ho sempre adorato per questo. Cosi deve essere. E il Dottor Socrates, alchimista del Calcio, ha segnato un’epoca. Beato il popolo che non ha bisogno di eroi, dice qualcuno. Balle. Gli eroi alimentano il sogno. E il filosofo verdeoro Socrates ne è il Santo Graal. Giocò a pallone e scrisse. Nella mia cucina ho appesa una sua riflessione. Da brivido. “La cultura brasiliana, questo miscuglio di razze, questo modo di vedere la vita ed il mondo, è probabilmente la nostra più grande risorsa naturale, perché è libera, spontanea e racchiude l’essenza della natura umana. Quando l’umanità si organizza troppo, perde le sue qualità fondamentali, i suoi limiti, i suoi piaceri. Sento che da noi questi tesori sono ancora intatti ed è per questo che amo tanto il Brasile”. Ecco chi era Socrates Brasileiro Sampaio De Souza Vieira De Oliveira. Piedi e testa. Alegria do povo. Come Manè Garrincha.

Marco Caccianiga