Se un presidente è poco, tre rischiano di diventare troppi. L’equazione è di stretta attualità alla Reggiana dove in questi ultimi anni, in tema di vertici societari, si sono fatti mancare poco o nulla. Ci sono, infatti, un presidente operativo (Stefano Compagni), uno onorario (Zucchero Sugar Fornaciari) e uno in pectore (Pietro Vavassori). Quest’ultimo, da quasi un anno, autentico convitato di pietra del consiglio di amministrazione granata, in virtù di un’opzione di acquisto (mai esercitata) del 34% delle quote societarie.
La semplificazione di cui sopra (soprattutto per il bluesman di “Oro incenso & birra”) è, ovviamente, un paradosso. Ma rende appieno l’idea dell’irrisolta realtà del club emiliano. Non certo un inedito quando in ballo c’è l’a.d. di ItalSempione. I cui tempi di gestazione sono, da sempre, a dir poco dilatati.
Questo preambolo per dire cosa? Molto banalmente, che è inutile cercare altrove. Il tema del match di sabato (ore 14.30, come da prudente disposizione della Questura bustocca) è tutto nel ritorno allo “Speroni” dell’ex patron biancoblu. O meglio, quasi tutto. Già perchè a trasferirsi armi e bagagli nella bassa non è stato il solo Vavassori. Lo stesso tragitto è stato percorso nell’estate del 2014 da altri 16 professionisti tra campo e scrivania. Feola (ora al Tuttocuoio), Sala (subito girato alla Ternana), Spanò, De Biasi, Andreoni (attualmente sospeso per doping), Mignanelli (quest’anno al Pescara), Bruccini, Giannone (passato attraverso un’effimera esperienza al Bologna) e Siega. In più, il DG e membro del cda Raffaele Ferrara, il tecnico Alberto Colombo, il preparatore Simonelli, il massaggiatore Del Sole, il segretario generale (ora DS) Italo Federici, il team manager Zullo e il responsabile degli osservatori Armonia.
Insomma, tutti tranne Saverio Granato. Nonostante Wikipedia segnali anche il ventennale segretario tigrotto tra gli arruolati nella Regia. Chissà che non si tratti di un vaticinio. Facezie a parte, la corrispondenza d’amorosi sensi (definita impropriamente “cessione di ramo d’azienda”) sull’asse Busto-Reggio Emilia è il vero fil rouge delle ultime due stagioni. Con modalità diverse alle precedenti, infatti, anche Messina e Perilli da una parte, Montanari, Panizzi, Bianciardi, Arati, Bovi, Palumbo, Brunori e il presidente per un giorno Filippi dall’altra, hanno compiuto lo stesso percorso incrociato. Senza contare che anche quest’anno Demalija e Possenti sono in prestito dalla Città del Tricolore. Un imbarazzante gioco di specchi che, come ne Il Ritratto di Dorian Gray, ha invecchiato la Pro Patria regalando alla Reggiana una duratura giovinezza. Osmosi che nel campionato passato ha garantito una semifinale playoff sfumata ai rigori con il Bassano e in questa stagione dovrebbe permettere analoga corsa di vertice.

Il percorso netto delle prime nove giornate (interrotto dalla sconfitta di lunedì nel posticipo con il Cuneo) ha confortato solo in parte le ambizioni emiliane. Colombo ha infatti già operato un cambio di sistema di gioco (dal 4-3-3 iniziale al 3-5-2 attuale) corredato da un discreto turnover in alcuni ruoli chiave. Sabato possibile formazione in copia e incolla rispetto all’ultima uscita con Perilli in porta; Parola, Frascatore (preferito a De Biasi per sostituire l’infortunato Sabotic) e Spanò in difesa; Mogos, Angiulli, Bruccini, Maltese e Siega a centrocampo; Giannone dietro al marocchino Rachid Arma in attacco. In alternativa, salvo sorprese, dentro Bartolomei a centrocampo con Siega trequartista al posto di Giannone.
Nella storia, il bilancio tra le due squadre (Finali Nazionali del ’27 e playoff del ’09 compresi) è in perfetto equilibrio: in 32 gare, 12 vittorie a testa e 8 pareggi. Vavassori (palesatosi nel Monday Night dopo 6 settimane di assenza) ci sarà. A dispetto della cabala (senza di lui la Reggiana aveva praticamente sempre vinto) e di un’accoglienza plausibilmente ruvida (ma nulla di più). “Non temo contestazioni. Ho fatto il massimo per la Pro Patria”. Queste il suo pensiero lapidario alla vigilia del ritorno a Busto Arsizio. Sabato capiremo quanto lo “Speroni” ne condivida la memoria.

Giovanni Castiglioni