Le vie della salvezza biancoblu sono sostanzialmente due. E corrono su binari paralleli. Il metodo Pala sul campo ed il lodo Di Cintio fuori. Del primo si è già detto e scritto abbastanza. Il secondo merita invece qualche approfondimento in considerazione della decisione di mercoledì del Collegio di Garanzia del CONI di respingere i ricorsi di Pro Patria e Pro Piacenza contro i criteri di retrocessione della Lega Pro fissati dal consiglio federale. Per ovvie ragioni di chiarezza, facciamo un passo indietro.
Nel giugno scorso il presidente Tavecchio, attraverso l’imposizione della tassa di 500.000 euro per i ripescaggi in questa stagione e il blocco per la prossima, blindava, di fatto, la Lega Pro a 54 squadre. Un atto di imperio della FIGC (successivamente confermato dalla delibera del 4 settembre), avvenuto in barba all’articolo 49 del NOIF (le norme organizzative interne della federazione) che stabilisce, invece, un format della terza serie italiana a 60 squadre. Da qui il ricorso delle due Pro, entrambe assistite dall’uomo che sussurrava ai cavilli, l’avvocato Cesare Di Cintio, volto a ridurre le retrocessioni ad una sola per girone (senza playout). La vicenda ha avuto un parziale epilogo mercoledì quando l’ex ministro degli esteri Franco Frattini (Presidente della seduta a sezioni riunite del Collegio di Garanzia del CONI), ha respinto i ricorsi pur definendo “inconcepibile” il contesto in cui è maturata la decisione. Il motivo? L’omissione da parte della FIGC del verbale del Consiglio Federale del 26 giugno che dimostrerebbe come la variazione del format sia avvenuta attraverso un atto formale e quindi in contraddizione con quanto dichiarato dallo stesso Tavecchio. Un’alterazione della forma che diventa però sostanza se applicata alle normativa vigente. Tanto da meritare (forse) un intervento della Procura Federale. E giustificare un ulteriore ricorso al TAR e, se necessario, al Consiglio di Stato. Quindi mettiamoci comodi perché il film è ancora al primo tempo.

Altro fronte (ma stesso legale, sempre Di Cintio, voluto da Vavassori e confermato dall’attuale proprietà), è invece quello relativo all’inchiesta Dirty Soccer che entro la fine di dicembre dovrebbe veder celebrato il primo grado del versante “Responsabilità oggettiva”. Sul banco degli imputati anche la società biancoblu in virtù del coinvolgimento in tre gare della passata stagione ritenute a sfondo farlocco (Cremonese – Pro Patria, Torres – Pro Patria e Pro Patria – Pavia) di quattro tesserati (Vincenzo Melillo, Adolfo Gerolino, Andrea Ulizio e Marco Tosi) oltre ai soci in pectore Mauro Ulizio e Massimo Carluccio.
La linea difensiva potrebbe basarsi, tra gli altri, sui tre punti seguenti:
– la società ha dimostrato nel primo processo sportivo la sua totale estraneità alla manipolazione delle gare;
– la Pro Patria era vittima dell’operato dei suoi tesserati avendo perso le partite in questione (di fatto, avrebbe quindi già scontato una penalizzazione);
– le gare erano lontane dalla conclusione della stagione e quindi non decisive
Questa strategia dovrebbe consentire (anche in funzione del mutato clima generale) di limitare i danni a 2/3 punti di penalizzazione. Anche se in primo grado la sentenza sarà sicuramente più severa.
Metodo Pala e lodo Di Cintio. La salvezza biancoblu è destinata a parlare bergamasco.

Giovanni Castiglioni