“Gautieri vattene”, “Montemurro vattene”, “Noi non siamo napoletani”, “Varese ai varesini”. Questo in sintesi il pensiero espresso dai tifosi del Varese, letteralmente sconcertati dopo la pessima e imbarazzante prova di Modena. Di fronte a questo il club biancorosso non si è nascosto. Il silenzio stampa è durato poco più di 24 ore. Il presidente si è sentito in dovere di rispondere con una lunga lettera: “Se credete in me, dovete fidarvi anche del mio staff” scrive.
Tutto questo apre a numerose riflessioni.
Punto primo. La contestazione dei tifosi, oltre ad essere legittima, ci sembra anche utile. E’ vero che ha fatto nascere una spaccatura, ma allo stesso tempo ha aperto al confronto. Chi sostiene che Varese sia una piazza “fredda” forse non la conosce abbastanza. I supporter biancorossi stanno dimostrando di essere una tifoseria viva, tirando fuori tutto ciò che pensano sulla squadra proprio per scuoterla. La contestazione civile non solo è legittima e utile, ma anche vitale. Serve a non far morire una squadra.
Però non tutte le loro argomentazioni ci sembrano coerenti. Ad esempio di quali varesini parlano i tifosi? Mai come oggi il club biancorosso è stato più varesino con un presidente, Nicola Laurenza, nato e cresciuto sul territorio in cui ha anche costruito la sua azienda.  Dove sono gli imprenditori locali pronti ad investire sulla squadra della loro città? Al momento ci sono solo due soci che stanno dando una mano concreta al Varese, i due partenopei Vitiello e Fabozzi.
I sostenitori mettono in dubbio la varesinità non considerando, oltre alla presidenza, anche quel pizzico di sangue biancorosso del direttore sportivo Mauro Milanese, ex giocatore del Varese di Sannino in C2 e capace di costruire, proprio insieme al contestato Montemurro, la squadra di Maran arrivata ad un passo dalla Serie A.
Quella di Laurenza è arrivata, adesso si attende la risposta del d.s. e del d.g.
Altro punto: Gautieri può anche aver sbagliato alcune scelte, ma chiedere la sua testa (esattamente come era stata chiesta quella di Sottili) sembra troppo facile. E’ arrivato in corsa e ha provato a costruire il suo 4-3-3 non avendo i giocatori nei ruoli chiave, forse la sua colpa è proprio quella (il 4-3-3) ma proprio adesso che i giocatori adatti (gli esterni Di Roberto e Oduamadi, Zecchin spostato in regia) sono dietro l’angolo, merita fiducia.
Lo sappiamo che è sempre l’allenatore che paga, ma noi preferiamo che venga messo tutto in discussione: società, allenatore e anche la squadra. Se con due trainer diversi il gruppo non gira comunque, magari il problema non dipende da moduli o tattiche, ma è più profondo. Le bandiere si sentono ancora tali? I giovani hanno il giusto entusiasmo? Chi non gioca dà sostegno fuori dal campo? La verità è che i minatori si sono imborghesiti. Tutti devono sentirsi in discussione e hanno il dovere di non puntare il dito sempre verso qualcun’altro. Il Varese ha parlato della necessità di essere “uniti e compatti”, ma prima servono confronti duri e faccia a faccia sinceri. Ci sembra il Varese dei musi lunghi e dei sotterfugi, il contrario di ciò che era Sannino. Mandatevi tutti “affanc…” e ri-unitevi.

Elisa Cascioli