“Quando volo penso al Toro”, “Solo uno schianto” e non solo scritte, come se il messaggio non fosse abbastanza esplicito. C’era anche un disegno con un aereo contro la collina di Superga sui terribili striscioni insultanti esposti dalla curva juventina durante il derby col Toro, lo scorso 23 febbraio allo Juventus Stadium, facenti riferimento alla tragedia del 4 maggio 1949. La giustizia ordinaria ha individuato la violazione della legge 41/2007 che “vieta l’esposizione di cartelli e striscioni che incitino alla violenza o contengano ingiurie”. La pena prevista va dai tre mesi ad un anno. Le indagini hanno portato alla denuncia di tre persone ai quali è stato notificato un Daspo di 2 anni. Si tratta di un varesino di 19 anni, un 24enne di Forlì e un 37enne pavese. I tre sono stati individuati attraverso le indagini della Digos di Torino. In caso di processo la Juventus potrebbe costituirsi parte civile.
Virgilio Maroso, figlio di Peo Maroso, personaggio che a lungo ha legato il suo nome alla storia del Varese, si chiama così non a caso. Porta il nome di suo zio, fratello di Peo, venuto a mancare proprio in quella tragedia: “Si è infangata la memoria di tante persone – le sue parole -. E’ stata una cosa vergognosa, di quelle che non fanno parte della mentalità del tifoso. E questo vale per tutte le tragedie. Anche la Juve le ha subite e serve il rispetto di tutti. E’ stato un episodio deprecabile e lo stesso Buffon si è espresso chiaramente. Spero che certe persone non vadano più allo stadio. Gli sfottò nel calcio, specialmente nei derby, ci stanno e lo rendono più bello, ma calpestare la memoria di persone che hanno fatto la storia non ha nulla a che vedere con nessuno sport”.
Maroso si chiede “come sia stato possibile l’ingresso di quegli striscioni. Ho vissuto le trasferte in prima persona seguendo il Varese e a Cremona, durante la finale playoff, ho assistito al controllo da parte degli steward di tutti gli striscioni. Quindi si può anche pensare che qualcosa non abbia funzinato a livello di controlli…”.

e.c.