Moreno Bertoli è l’allenatore dei 2001, un folto gruppo diviso in due squadre che quest’anno si sta preparando per poi entrare a far parte del Settore Giovanile che parte dal campionato dei Giovanissimi Regionali, che quest’anno coinvolge i classe 2000. I suoi piccoli calciatori sono reduci dal Torneo di Carnevale di Gallipoli in cui si sono qualificati quindi uscendo ai quarti di finale per mano del Manchester City. La sua formazione si è classificata davanti a Milan e Juventus e Mattia Gottardi è stato premiato come miglior difensore della competizione. «Questo gruppo ha vissuto tante belle esperienze. Siamo stati a Stoccarda, Ischia, Palermo e Venezia. L’esperienza di Gallipoli è stata soddisfacente da un punto di vista e deludente dall’altro – racconta Bertoli -. Ho visto giocare squadre blasonate in un modo che non mi è piaciuto. La maggior parte puntata tutto sulla fisicità senza esprimere gioco invece i bambini di Manchester City e Bayern giocano davvero a calcio. Si divertono, fanno gol senza esultare più di tanto come è giusto. La mentalità delle squadre italiane è indietro anni luce. Nella semifinale Napoli-Inter ci sono stati due bambini infortunati e non ci sono stati più di quattro passaggi consecutivi. Nell’altra semifinale Manchester-Bayern ci sono stati sei falli in tutta la partita. È proprio un altro approccio alla gara. Io sono soddisfatto dei miei bambini che si divertono e lavorano bene».
Mister Bertoli racconta la sua esperienza: «Alleno da sei anni e ho iniziato per scherzo. Quando si allenano i bambini non si tratta solo di calcio, ma anche di crescita e di sviluppo del carattere. Prima di tutto siamo degli educatori e dobbiamo essere consapevoli dei nostri limiti. Io so dove posso stare, non riesco ad essere severo con loro e non mi sento di strafare né di pensare di arrivare chissà dove. Essere papà, io ho due figlie, aiuta molto a capire determinate situazioni. Bisogna anche tener conto del carattere e delle necessità di ogni bambino e saper cambiare approccio. Queste cose non si possono insegnare in Università, ma si apprendono sul campo». Sul suo gruppo di lavoro dice: «Sono molto contento perché siamo tutti molto uniti: bambini, allenatore e anche genitori».  

Elisa Cascioli