Sergio Tavcar nel suo stupendo libro sulla pallacanestro jugoslava in mezzo a tante, interessantissime, considerazioni, me ne “ammolla” alcune illuminanti per comprendere, almeno un pochino, Rok Stipcevic.
Prima considerazione: in serbo-croato, dice Tavcar, esistono un paio di parole – “nadmudrivanje suparnika” – che identificano uno stato d’animo: il voler essere più astuto degli avversari come unico scopo di qualsiasi gioco.
Seconda considerazione: le popolazioni balcaniche, per loro natura, quasi fosse una cosa genetica, odiano perdere.
Terza considerazione: i croati, cestisticamente, sono geni del canestro, per di più dotati della cattiveria giusta.
La quarta ed ultima considerazione, che poi è un motto, recita: “Dio ha creato l’Uomo. A Zara hanno creato il basket”.

Rok Stipcevic, vale la pena ricordarlo, è astuto come pochi altri, odia perdere, è croato ed è di Zara. Come dire: non gli manca nulla per essere un campione di pallacanestro.
“Sono nato per “sbaglio” a Maribor, in Slovenia, perché mamma è slovena ma, sono e mi sento profondamente croato, esattamente come mio padre. A Zara sono cresciuto, ho mosso i primi passi nella pallacanestro, mi sono affermato come giocatore, ho ottenuto i primi successi che mi hanno portato a vestire la maglia della mia Nazionale. Mi sembra che queste cose siano sufficienti per definire la mia nazionalità”.

Per parafrasare un tuo compagno: hai deciso di portare il tuo talento in Italia e grazie a te Varese ha cambiato faccia.
“Ripeterò questa cosa fino alla nausea: a Varese mi trovo benissimo e ritengo sia una fortuna essere capitato in una delle poche città che, in Europa, vivono solo per la pallacanestro. Luoghi cestisticamente “magici” come Varese, Cantù, Kaunas, Tel Aviv, Pesaro, Vitoria, Siena e, naturalmente, la mia Zara. Al di là dei soldi e dei contratti, penso sia bello lavorare e giocare in un posto in cui tutto quello che fai viene capito e apprezzato, in cui i giocatori di basket rappresentano una parte importante nella vita della città”.

Quali le analogie con la tua Zara?
“Gli aneddoti sono gli stessi: vado dal panettiere e lui, senza che io parli, conosce il risultato della sera precedente, sa come abbiamo giocato, sa qual è stata la mia prestazione. Idem dal parrucchiere, dal fioraio o in pizzeria. A Varese tutti seguono il basket, lo conoscono, si sentono parte della famiglia e vogliono che tu, anche se straniero, ne faccia parte. Insomma: una bellissima sensazione”.

Prima citavi Pesaro che sabato sarà al PalaWhirlpool: come la vedi?
“Sarà una gara ad altissimo coefficiente di difficoltà perché la Scavolini è una squadra completa in ogni ruolo, esperta, con fisicità, atletismo e può schierare il miglior terzetto di USA del campionato: Hickman, White e Jones. Noi, però, dopo la bella vittoria conquistata a Biella, siamo in crescita e non possiamo più fermarci. Specialmente in uno scontro diretto”.