Carlo Guardascione è stato confermato alla presidenza dell’Associazione Medico Sportiva Varesina. Cinquantadue anni, nato a Ispra, residente a Gorla Maggiore dov’è “circondato” da quattro donne: la moglie Sabrina e le tre figlie,  medico di base a Solbiate Olona, Guardascione inizia il suo quarto mandato triennale alla guida dei 44 medici dello sport residenti in provincia di Varese, con un consiglio composto Giulio Clerici (Varese Calcio), Matteo Acquati (Armani Jeans) e Sabrina Luoni (Riabilitazione Ospedale Lanzo di Intelvi). Dall’89 è nel ciclismo. Polli Fanini, Selle Italia, ZG Mobili, Mercatone Uno e Saeco le squadre dove ha lavorato fino al 2005, anno in cui fu chiamato alla Lampre per ricoprire l’incarico di responsabile sanitario. Con un’attività così intensa è necessario dotarsi di un ottimo preparatore…
“Le conoscenze in merito non mi mancano ma al momento me la cavo da solo – risponde sorridendo Guardascione – Con il triplo fronte  ambulatorio/ammiraglia/associazione devo calcolare bene i tempi di recupero per far fronte all’impegno numero uno: la famiglia”.
Dodici anni di presidenza alle spalle e tre davanti. Il Presidente Guardascione e i suoi collaboratori cos’hanno fatto e cosa intendono fare?

“Conoscendo bene la nostra realtà e i ritmi di lavoro dei miei colleghi quando leggo le attività svolte e in svolgimento mi viene spontaneo pronunciare la parola “miracolo”. Presenza costante ai giochi sportivi studenteschi (ex giochi gioventù) e alle gare sportive di alto livello, controlli antidoping richiesti in provincia di Varese dalle varie Federazioni, attività educazionali nelle scuola primaria e secondaria per promuovere l’attività sportiva e la corretta alimentazione. Senza dimenticare l’organizzazione del congresso internazionale di medicina dello sport del 2007 che ha introdotto il ricco calendario di iniziative legate al campionato del mondo di ciclismo del 2008 dove tra l’altro ho festeggiato con tutta la famiglia Lampre la doppietta sui primi due gradini del podio iridato di Ballan e Cunego. Ed ora siamo pronti per aggiungere agli ordinari servizi ed ai controlli doping anche corsi di aggiornamento e di formazione in tema di pronto soccorso sportivo unitamente a corsi di formazione  per gente comune sul progetto MOGESS, il modello operativo gestione emergenze sanitarie sportive proposto dalla FMSI e dalla FIGC dopo il caso “Morosini”. Inoltre è nostra intenzione approfondire il rapporto con alcune associazioni sportive per persone con disabilità. Alcuni di noi hanno prestato servizio a manifestazioni organizzate dalla Federazione Italiana Sport Disabili Intellettivi Relazionali e dal Comitato Italiano Paralimpico. Su invito dell’Associazione SESTERO, l’Associazione Freerider Sport Events, l’ASL e la Provincia di Varese abbiamo seguito con grande interesse il Progetto Pilota “Primi 10!” che ha insegnato a 10 ragazzi con disabilità, in realtà erano quasi il doppio, a sciare da seduti. Progetto che verrà ripetuto nel 2013 e che per la sua valenza sta venendo esaminato da una commissione nazionale del Ministero dell’Istruzione che potrebbe inserirlo nei previsti cinque progetti pilota nazionali di promozione sportiva nelle scuole per studenti con disabilità”.
Restando nei confini della provincia di Varese la materia prima per un medico del ciclismo scarseggia.

“Purtroppo è vero. I fasti del nostro ciclismo giovanile sono ormai solo nei ricordi. Il movimento, non solo quello varesino e non da oggi, vive un evidente fase di riflusso con scarse “vocazioni” e sempre più rari risultati di prestigio. Negli Juniores un esile fiammella resta accesa grazie a Carmelo Foti (Prealpino) e Edward Ravasi (BusteseRs). Benino tra gli allievi Nicholas Rinaldi (Orinese) e negli Esordienti Alessandro Covi (Cadrezzate). Anche tra i giovanissimi qualcosa si muove. Certo, guardando il panorama, ripeto, non solo varesino, è difficile essere ottimisti”.
Dallo sport praticato a quello raccontato. Il titolo cinematografico del ciclismo attuale è “Ghostbuster”.

“La situazione generale non era bella e soprattutto in Italia in termini di antidoping si è fatto e si sta facendo molto, più di ogni altra Federazione. Ripetuti controlli, condanne ma anche un’attività di educazione rivolta alle nuove generazioni della quale si stanno già vedendo i primi effetti. Tornando all’attualità, in primis il caso Armstrong, penso invece che sarebbe meglio tirare una riga e ripartire da zero, chiudendo definitivamente con un passato che non dovrà mai più diventare presente. Il peggio è alle spalle e il ciclismo non può continuare a sprecare energie inseguendo ciò che è stato”.
Ricetta del Dott. Guardascione per addetti ai lavori e media.

RB