Stefano Bettinelli è una delle figure chiave del Varese, se non altro perché ha vissuto in pieno la rinascita della squadra dopo il fallimento dei Turri. Allenatore biancorosso da sette stagioni, prima della Berretti, poi degli Allievi Nazionali e aiuto prezioso di Carmignani e Sannino, attualmente assiste mister Maran insieme a Maraner.
Mister, prima di raccontarci del lavoro svolto sulla panchina del Varese, parlaci di quando eri un giocatore…
“Farò in fretta, visto che la mia carriera è durata ben poco. Ho iniziato nelle giovanili di una squadra di Milano perché abitavo lì, poi mi sono trasferito a Varese e sono andato a giocare nel Bosto . Dopo sei mesi sono stato chiamato da Mario Grotto, direttore sportivo del Varese allora guidato da Fascetti e vi sono rimasto per quattro stagioni partendo dai Giovanissimi fino alla Primavera. Successivamente sono approdato in Svizzera, a Mendrisio, in cui sono rimasto per 8 anni tra Serie B e Prima Divisione. Un’esperienza che mi ha arricchito tantissimo. La mia carriera è tutta qui”.
E come sei diventato allenatore?
“Per caso. A 27 anni ho smesso di fare il giocatore professionista e ho fatto il commerciante gestendo per 13 una videoteca di Varese. Poi è successo che i Giovanissimi Provinciali del Gazzada Schianno, formazione in cui giocava mio figlio, rimasero senza allenatore. I dirigenti mi chiesero se fossi disposto a dare una mano: inizialmente rifiutai, ma poi decisi di dare il mio contributo. Mi sono appassionato sempre di più e ho continuato per due anni. Poi ho avuto la fortuna di arrivare ad allenare la Berretti del Varese in Serie D. Da lì sono passato agli Allievi Nazionali per due stagioni e poi Carmignani mi chiamò come vice nell’anno della C2 in cui poi arrivò Sannino. Tre anni con Beppe mi hanno lasciato dentro qualcosa: è stata un’esperienza straordinaria”.
Perché non sei andato in Serie A insieme a Sannino?
“Il mister mi avrebbe voluto con lui, ma ho deciso di rimanere a Varese per due motivi. Il primo perché sono troppo legato a questa città, in cui vivo da sempre e in cui ho gli affetti più cari. Inoltre perché sto facendo il corso a Coverciano di Seconda Categoria, cosa che non avrei potuto fare perché è a invito per la Serie B. A maggio farò gli esami e spero di essere promosso. Avrò il patentino di Seconda Categoria che permette di allenare fino in Prima Divisione, compresa la Primavera, e di fare il vice sia in Serie B e che in A”.
Qual è il tuo sogno?
“Quello di avere una mia squadra. Devo dire che mi trovo bene e che mi è sempre stata data tanta considerazione, ma l’adrenalina che provi quando alleni tu in prima persona non ha eguali. Voglio trasmettere ciò che so ad una squadra che sia tutta mia. E spero che il mio futuro sia ancora legato al Varese”.
Sannino e Maran a confronto: come lavorano?
“Sannino ha un carattere particolare. Riesce a trovare qualunque pretesto per arrabbiarsi, per creare una tensione positiva che tiri fuori da ogni giocatore il massimo delle sue potenzialità, aldilà della tecnica. Maran ha una personalità diversa. Mi piace molto il suo modo di lavorare perché crede molto nel sacrificio e non lascia niente al caso. È puntiglioso su ogni particolare e questo fa la differenza. Sa cogliere le cose rilevanti e tralasciare quelle meno importanti”.

 

Elisa Cascioli