La trasferta di Caserta non è stata la sua miglior prestazione in Serie A (l’anno scorso contro Brindisi segnò 17 punti), ma Giancarlo Ferrero è comunque l’uomo della settimana in casa biancorossa. Il nuovo spazio ritagliato per il piemontese nelle rotazioni di Varese ha portato alla squadra una scarica di energia e la possibilità di giostrare maggiormente gli assetti tattici a disposizione di coach Caja. Ferrero è stato decisivo per la vittoria a Caserta con 15 punti e due canestri dall’arco, un aspetto che può fare la differenza per un giocatore che prima della trasferta campana aveva 1/11 da tre in campionato.

Quale significato ha la vittoria a Caserta?
«È una vittoria importante perché ne avevamo bisogno. Abbiamo lavorato tanto in questo periodo e vincere sta a significare che siamo sulla strada giusta. Con Torino e Sassari non ci era riuscito il colpo e, al di là del livello delle prestazioni, tra vincere e perdere c’è una bella differenza. Caserta è sempre un campo difficile: abbiamo meritato il vantaggio, ma di contro nel finale non siamo stati bravi a gestirlo e abbiamo rimesso in discussione la gara. Comunque è una partita già archiviata: dobbiamo pensare subito alle prossime, la strada è ancora lunga. Dobbiamo continuare a credere in quello che facciamo e trovare una costanza di rendimento, poi alla fine tireremo le somme».

Quando Caserta è tornata a -1 nel finale è scattato qualcosa nella vostra mente?
«So benissimo di cosa stiamo parlando perché quel fallo sul canestro di Sosa l’hanno fischiato a me [sorride, ndr]! In quel momento abbiamo provato un po’ di rabbia e ci siamo sentiti di nuovo in bilico. Però abbiamo avuto la maturità necessaria per non uscire dalla partita e continuare ad eseguire. Caserta si era schierata con una falsa zona che ci ha messo in difficoltà: siamo stati bravi a rimanere costanti, a produrre un paio di possessi positivi su entrambe le metà campo e a controllare a rimbalzo. La partita l’abbiamo vinta lì. È chiaro che è stato un momento non facile perché è tornato alla mente il ricordo di quando ci siamo già trovati in situazioni simili e non è andata bene. Questa volta però siamo stati freddi e speriamo che per il futuro sia utile».

Come ha reagito il gruppo alle difficoltà degli ultimi mesi?
«È fondamentale rimanere uniti. Non piace a nessuno essere in questa situazione: il basket per ognuno di noi è la vita, non è semplicemente uno sport. Siamo condizionati nella vita di tutti i giorni dai risultati e dalle sensazioni legate alla nostra attività. Non ci piace quando il pubblico va via scontento o quando sappiamo di non avere fatto il massimo. Aver reagito con questa vittoria a Caserta, continuando a credere in quello che stiamo facendo, è la base per ripartire. Quando le cose non vanno, siamo noi i primi a soffrirne. L’anno scorso negli ultimi mesi il pubblico era caldissimo e questo per noi era motivo di gioia. Stiamo lavorando perché la situazione possa tornare quella».

Con quale spirito si affronta il derby con Milano?
«È una partita che tutti vorrebbero giocare perché ci sarà il Palazzetto pieno e perché affrontiamo una squadra pensata per vincere, la migliore d’Italia. È fondamentale essere pronti a competere e arrivare in campo preparati per giocare una gara di questo livello, tenendo presente che davanti ci troviamo un’avversaria molto fisica e quadrata. Diamo il 100% e poi vediamo come va la partita».

Quali vantaggi tattici offre il quintetto piccolo con il tuo contributo da ala forte?
«Personalmente penso che partire in quintetto sia motivo di orgoglio, mi fa molto piacere. Però non ne farei troppo una questione di quintetti: semplicemente chiunque gioca deve dare qualcosa perché in un momento difficile questa è la chiave. Non bisogna farsi domande o farsi condizionare dal ruolo, bisogna entrare in campo e dare un contributo alla causa. L’esempio è quello di Kangur nella partita con Sassari: partendo dalla panchina è stato tra i migliori in campo. Con questo assetto abbiamo qualche soluzione in più da alternare e può portare dei vantaggi».

L’esperienza in LegaDue è stata fondamentale per giocatori come te e Iannuzzi. Sei arrivato in A nel momento giusto o ti sentivi già pronto prima?
«La LegaDue è un’ottima palestra per i giovani perché secondo me si tratta di un buon livello di basket. Per quanto riguarda la mia situazione, penso di essere tornato in A nel momento giusto. La prima esperienza nel massimo campionato l’avevo avuta a Casale dopo la vittoria dell’A2, ma probabilmente non ero pronto per quel livello o per il tipo di squadra in cui mi ero trovato. Ci sono ragazzi in Serie A che stanno facendo bene e perché ciò succeda è fondamentale che ci sia un contorno che faciliti l’inserimento. È più facile dare il proprio contributo dove si gioca un basket di squadra rispetto ad un contesto in cui si vive di giocate estemporanee. Quando c’è una struttura organizzata e con idee ben chiare è più semplice entrare. È anche il mio caso, oltre che quello di Iannuzzi: se ci sono sistemi di gioco e compiti ben precisi, si può scendere in campo sapendo già cosa dobbiamo fare e questo ci aiuta».

Filippo Antonelli