Dimissionato un Bonazzi, se ne fa un altro. E’ la dura legge della panchina. I primi a conoscerla sono proprio gli allenatori. Quindi, meglio stare alla larga dalla retorica. Tanto più che il Bonazzi stesso non era più la guida tecnica biancoblu almeno dal 26 febbraio (0-1 con il Pontisola). Le sue parole in quel post partita (“Abbiamo buttato via 8 mesi di lavoro”, “Qui troppe chiacchiere e primedonne, nessuno ha giocato al Real Madrid”), erano un chiaro assist (non colto) alla società. E, purtroppo, anche uno alla squadra. Questo sì, colto. Dagli influencer dello spogliatoio, che non hanno mancato di presentare il loro conto. Salatissimo. Lontano dalle ipocrisie, questa è la verità. Anche se nessuno (ovviamente), avrà mai l’ardire di ammetterla.

Bonazzi però, paga soprattutto la sua complessiva inadeguatezza al ruolo. Precisa identità di gioco (spesso non compatibile con la realtà), ed eccessiva inquietudine. Non solo tecnica. Le 27 diverse formazioni nelle prime 27 giornate (alla fine saranno 29 in 31) e gli 11 differenti tris di centrali difensivi non ne sono che l’espressione plastica. Il 26 settembre titolavamo: “Crisi della Pro Patria: è Bonazzi l’uomo giusto?”, argomentando i dubbi insiti nell’interrogativo. Magari, l’analisi venne derubricata a farina del sacco di “gufi e professori”. Ma Asmini, che è finissimo uomo di calcio, non deve commettere l’errore di pensare che ci sia stato pregiudizio nei confronti dei vertici dirigenziali. O meglio, certamente non ce n’era in partenza. Anzi. Se è subentrato strada facendo, è per via di risultati da lui stesso definiti “inaccettabili”.

Il nuovo allenatore sarà il decimo negli ultimi 32 mesi. Ultimo tecnico ad iniziare e a terminare un intero campionato è stato Alberto Colombo (2013/2014). La panchina della Pro Patria logora chi ce l’ha. Come un Palermo qualsiasi. Semplice traghettatore o la pietra angolare della prossima stagione? Più la prima della seconda. Per ragioni economiche, di opportunità e di scenario.

Al suo ritorno dalla trasferta Champions di Barcellona, Patrizia Testa dovrà infatti prendere la decisione più delicata. Che non è quella riguardante la panchina (il nodo sarà chiaramente sciolto prima), ma quella attinente il futuro di via Cà Bianca. Sul tavolo, un’ipotesi di rafforzamento della compagine societaria con due sponsor (dal peso di soci), in grado di dare stabilità al progetto. Sia sul piano sportivo che su quello economico. Per osmosi, gli ingressi avrebbero come ricaduta una nuova gestione tecnica e dirigenziale. Mettendo in discussione l’attuale tandem Asmini/Turotti. La presidentessa biancoblu darà corso a questa possibilità o ribadirà la fiducia ai suoi due direttori? Questa è la vera domanda a cui rispondere. Non chi sarà il prossimo inquilino della panchina biancoblu.

Giovanni Castiglioni