Ultimo tango a Ponte San Pietro. Che non sarà Parigi, ma quanto a nichilismo rende anche meglio l’idea. Burro compreso. Cosa c’è di peggio di un 3-0 con poca storia sul campo? Un post partita come quello vissuto ieri al “Matteo Legler”. Un confronto pubblico (per interposta stampa), tra dirigenza e proprietà con pulsante dell’autodistruzione vicinissimo all’essere premuto. Registrata la (scontata) fiducia ad Asmini, Turotti e Scapini (ma non a Bonazzi), proviamo ad abbozzare un quadro delle parti in causa nella vertenza biancoblu.

Proprietà. Chi caccia il grano ha diritto a pretendere risultati in linea con obiettivi e impegni assunti. Considerazione talmente evidente da risultare persino banale. Così come è altrettanto solare che senza Patrizia Testa la Pro Patria non sarebbe qui. Meglio tenerlo sempre a mente. E tutelarne l’entusiasmo.
Ma era davvero necessario riferire ai tifosi la propria (legittima) insoddisfazione dopo la sconfitta con il Ciliverghe? Forse sì. O magari no. Difficile dirlo. Chissà che, per una volta, aver fatto il bucato in piazza non porti però alla scossa necessaria. Almeno questo è l’auspicio.

Asmini/Turotti. Il punto non è non essere nelle condizioni di dominare il campionato come il Parma e il Venezia dell’anno scorso. Il punto è occupare la nona posizione dopo 8 giornate a meno 13 dalla vetta e a più 2 sulla zona salvezza. Tra l’altro, avendo battuto solo quintultima, quartultima e terzultima (Ciserano, Lecco e Virtus Bolzano) e avendo raccolto solo 2 punti in 5 gare contro formazioni meglio posizionate in graduatoria.
Tutti sbagliano. Anche i più bravi. E la coppia in questione ha curriculum al di sopra di ogni sospetto. Ma è sui tempi di reazione che si misura la capacità di correggere gli errori. Servono tempo e pazienza? Sul piano organizzativo e strutturale sì. Sul piano tecnico no. Servono risultati.

Bonazzi. Paradossalmente in questo momento non è neppure il primo dei problemi. Ma la sua pratica rimane comunque sulla scrivania. E la gestione della gara di ieri (in particolare il ruolo alternato di Disabato), ha aggiunto carne al fuoco delle critiche. Quale sarà il suo destino? Il solito. Pagherà colpe sue. E colpe di altri. Salvo colpi di scena, s’intende. Forse rinviando però tutto a dopo il match con il Seregno. Per giocarsi l’all in e per non delegittimare le parole di Turotti.

Squadra. Dopo prestazioni come quelle con il Pontisola, piuttosto che davanti, meglio guardare gli specchietti. Non si sa mai. Perché i playout sono più vicini dei playoff. Le assenze possono spiegare molto. Non tutto. Poca energia, poche idee, poca leadership, poco tutto. Manca Santana? Quando si perdono 2 gare incassando 5 reti senza metterne a segno, meglio cercare alibi più consistenti della Marito dipendenza.

Ambiente. Cioè tifosi e stampa. Troppa pressione? Può darsi. Ma Busto Arsizio è così. Con i suoi pregi (molti) e i suoi difetti (altrettanti). Pensare di cambiarla più che velleitario, rischia di diventare inutile. Meglio blandire. Sin quando possibile. Magari non sottovalutando qualche riflessione visto che (da qualche parte) già ad agosto erano state evidenziati limiti e lacune della rosa.

Insomma, questione di feeling. O, meglio, questione di fiducia. Perché nel calcio (contrariamente al detto popolare), fidarsi è bene, non fidarsi è peggio.

Giovanni Castiglioni