Avvezzi a raduni decisamente più esuberanti, mandar giù quello odierno senza un pizzico di magone è un esercizio che richiede una dose industriale di buone intenzioni. Colpa della ferita ancora aperta della retrocessione, dell’infinita soap opera societaria e di un clima che, a dispetto del termometro, risulta freddino anzichenò. Tutti buoni motivi che suggerirebbero un’operazione simpatia che, non essendo specialità della casa, riesce solo a metà. E non certo per negligenza di Alessandro Merlin e Paolo Tomasoni che, al contrario, ce la mettono tutta per confortare la platea sulla bontà del nuovo corso. Una genuina volontà di fare bene che si scontra con un pregresso da cui è impossibile liberarsi. Della serie, se il buongiorno tigrotto si vede dal mattino del raduno (a proposito, 8 spaccate, mica ciufoli), la stagione della Pro avrà le sue belle spine da smazzare. A partire dal casting di questa settimana che servirà ad abbozzare un gruppo che, alla prima campanella, contava 27 elementi.

Tornando a quanto espresso dal nuovo tecnico e dal neo DS, estraiamo un paio di concetti che meritano approfondimento e riflessione. Il primo riguarda Tomasoni che è professionista navigato e di sicura competenza. Lo testimoniano il curriculum ultradecennale in panca, il coinvolgimento con cui ha discettato a braccio di moduli e sistemi e la frase secca che ha taggato la cifra del suo mandato: “Dobbiamo meritarci i tifosi”. Cosa che non vale per la stampa, o almeno per chi scrive, subito rampognato (bonariamente) alla prima stretta di mano per “l’ironia, anzi il sarcasmo” insito nei pezzi. Abbia pazienza mister, ma le circostanza lo richiedono.

Sul fronte Merlin, da registrare le idee chiare sulla squadra da formare (“prima di richiamare giocatori come Taino e Giorno, dobbiamo capire chi nel vivaio è già pronto per il salto in prima squadra”), la mano tesa all’ambiente (“non amo le guerre ma l’unità di intenti”) e il preciso compito ricevuto dalla proprietà (“L’eventuale cessione non è un problema mio. Mi è stato detto: questi sono i soldi, comincia a lavorare. L’obiettivo è un campionato tranquillo cercando di lanciare qualche giovane”). Insomma, punto e a capo.

Altro da segnalare? Sì, un brivido lungo la schiena. Che è anche un segno dei tempi. “Prima di varare la campagna abbonamenti, dovremo capire se sarà il caso di aprire tutto lo stadio”. Ragioni economiche, ci mancherebbe. Comunque non consolatorie al pensiero di uno “Speroni” mutilato causa forza maggiore.

E, a proposito del teatro dei sogni biancoblu, la vicenda “convenzione”, non è più d’attualità da un pezzo. Le prove? Un passaggio del comunicato del 21 luglio scorso che sigillava l’accordo virtuale tra le parti: “L’Amministrazione comunale, pur in assenza di convenzione sull’utilizzo dell’impianto, ha ufficialmente confermato e sottoscritto la dichiarazione di disponibilità del “Carlo Speroni” e dei terreni annessi per la disputa dei campionati”. Tradotto: anche se, privatamente, l’argomento è stato utilizzato a scopo persuasivo, pubblicamente la questione è già risolta. Quindi pratica archiviata e buonanotte al secchio. Si può ripartire senza intoppi. Se qualcuno non se ne fosse accorto, rispetto all’anno scorso (governo ombra a parte) non è cambiato nulla.

Giovanni Castiglioni