Tre gol incassati nel primo tempo e la partita è finita già all’intervallo, una difesa “a tre” mai vista a Varese schierata da un allenatore al debutto in panchina, una società in crisi e in attesa di rinforzi. Basta! Tutti questi argomenti non sono sufficienti per giustificare la prestazione di  Cittadella.

Barberis, Borghese, Capezzi, Corti, Cristiano, Falcone, Fiamozzi, Forte, Jakimovski, Kurtisi, Miracoli, Perucchini, Rea, Simic, i giocatori scesi in campo in Veneto; Birighitti, Blasi, Culina, De Vito, Luoni, Zecchin quelli in panchina. Capello, Neto, Osuji, Rossi, Varela e gli altri che non c’erano ma che fanno parte della squadra. Squadra, già, un gruppo di persone che insieme lottano per un obiettivo comune. Almeno per definizione. Cari ragazzi, Varese si ricorderà di voi. Perché sarete quelli che hanno assistito inermi alla fine della sua squadra di calcio, o perché sarete quelli che avranno lottato fino all’ultimo respiro per salvarla. Oggi il Varese è ultimo. Voi siete ultimi. Voi che indossate quella maglia e poi andate a giocare al pallone. Suona strano vero? Giocare al pallone: non è quello che sognavate da bambini? Oggi siete professionisti, perché giocate in B e perché siete pagati per farlo. Ricordate i sacrifici che avete fatto per arrivare fin qui? Cari ragazzi fra voi c’è chi sta chiudendo la carriera e chi la sta cominciando. Imboccando diverse strade il destino vi ha fatto trovare qui, uno accanto all’altro, in un momento davvero difficile, nel buio del fondo della classifica. Guardate negli occhi il compagno che avete accanto e lottate con lui, seguitelo o fatevi seguire nel cammino che conduce verso la luce.

Dovete temere voi stessi, non l’avversario di turno, consapevoli del fatto che se in campo avrete dato tutto non sarà più così importante il risultato, perché avrete il coraggio di vedervi riflessi allo specchio. A Cittadella pochi hanno accettato la responsabilità di difendere la squadra. Come? Lottando su ogni pallone, aggredendolo, mordendolo, ricordandosi di quando all’oratorio lo si strappava dalle mani dell’amico per andare a metà campo e riprendere a giocare per recuperare in fretta un gol. Se non riuscite a combattere lasciate stare, è meglio, per voi e per la squadra. Lasciate il posto a chi non vede l’ora di gettarsi nella mischia. Nello spogliatoio c’è una maglia con i colori della città e il vostro nome sopra, se non avete forza per onorarla lasciatela lì piegata. Nessuno vi dirà nulla. Ma se la indossate date fondo a ogni energia per onorarla. Fatelo per il Varese e per voi stessi, per l’allenatore che non c’è più e per quello che è arrivato in un momento così difficile. Guardate negli occhi Dionigi, credete nella carica che ha dimostrato il giorno della presentazione. È giovane e ha accettato questa sfida. Credete in lui e ripartite. Bologna o Bari poco importa, non si parte mai battuti. Giocate, correte, lottate, non rinunciate a quello che amate. Fra qualche mese tutto sarà finito. Fallire come squadra significherà fallire come singolo. Se siete a terra non strisciate, rialzatevi e andate avanti finché l’arbitro non fischia. Se mollate ora, mollerete ogni giorno della vostra vita. Giocate, correte, lottate e comunque vada ci ricorderemo di voi.

Vito RomanielloVito Romaniello,
direttore Agr