Un titolo adeguato per il “sequel”? Penso che potrebbe andar bene “Coppa 2: le riflessioni. Profonde. Mature”. Perché oggi siamo distanti, tanto distanti dalla chiacchierata fatta col Presidente della Pallacanestro Varese all’inizio di ottobre 2014. Coppa è lontano dall’eccitazione che prende un po’ tutti prima dell’avvio del campionato. Lontano dalla freschezza e della novità del suo ruolo. Lontano dalle rutilanti immaginazioni e dalle calde speranze covate in autunno. Insomma, lontano anche da tutte le cose belle e gratificanti. Oggi, la realtà del campionato offre ben altro. Perché sedici giornate sono già nella storia. Perché la classifica è quella che è e perché non tutte le ciambelle, anche quelle che pensavi potessero essere le più buone, sono uscite col buco.
Perché in questi mesi, come da regolamento, i problemi non sono mancati, ma il numero uno del club di Piazza Montegrappa, con lo stile che gli appartiene, ha sempre cercato di proporre soluzioni, possibili vie d’uscita, idee.

Tuttavia, partendo prima dagli aspetti puramente agonistico-sportivi, la prima Stefano Coppadomanda da rivolgere a Coppa è inevitabile: quale è il vero volto della Openjobmetis?
«Premessa: in questi quattro mesi la squadra di coach Pozzecco ha offerto ai tifosi molti volti. Alcuni che, al di là del risultato finale, ritengo brillantissimi: vedi Cantù, Reggio Emilia, Milano, Sassari. Altri contraddittori: vedi Trento Venezia, Roma. Altri francamente inguardabili: Capo d’Orlando e Pistoia su tutti. Quindi, per rispondere compiutamente alla domanda dico: non so, non sappiamo quale sia il nostro vero volto. Però -commenta in tono risoluto Coppa-, so e sappiamo benissimo quale NON deve essere, mai, la nostra faccia: quella spenta, dimessa, superficiale, fastidiosa, persino irritante, vista nella gara persa in casa contro Pistoia. Quella lunga teoria di volti assenti e occhi vuoti non vorremmo più vederla: né il sottoscritto né, a maggior ragione, i tifosi. Invece, so e sappiamo bene quale dovrebbe essere il volto più bello, intrigante ed affascinante da presentare al pubblico di Masnago: quello visto, anzi, assolutamente ammirato al PalaDelMauro di Avellino. Contro la formazione del nostro ex-coach Frank Vitucci ho apprezzato la miglior Varese della stagione. Una squadra assai più bella, intensa e determinata di quella vista contro Cantù perché, è chiaro, allora le motivazioni innescate dal derby, quelle legate all’esordio di Pozzecco e al debutto in campionato costituirono un propellente fantastico. Ad Avellino invece è stata tutt’altra cosa perché Rautins e compagni stavano pericolosamente camminando sull’orlo di una potenziale crisi mentre il Poz e Vescovi vivevano per intero, e su universi quasi paralleli, le loro angosce. Un’atmosfera da “spalle al muro” rispetto alla quale il gruppo ha mostrato una reazione da uomini veri: gente compatta, forte, unita intorno ad un obiettivo. Tutti, a cominciare da Pozzecco che, straordinariamente sul pezzo, ha inflitto una severa lezione ad un allenatore navigatissimo come Vitucci. Per finire con l’ultimo ragazzo della panchina che ha sostenuto e incitato i compagni fino all’ultimo possesso. Ecco, nel girone di ritorno, penso piacerebbe a tutti poter applaudire un po’ più spesso una simile Varese. Ecco perché considero Avellino non un punto di sterile arrivo, ma quello di una prolifica partenza perché la squadra, con quel roboante +24, ha messo definitivamente in vetrina quello che è in grado di proporre quando scende in campo concentrata al 101%. Ad Avellino, in fondo, lo dico in termini di paradosso, Pozzecco e i suoi giocatori si sono messi nei guai da soli poiché hanno fatto capire quanto possono essere belli, efficaci e vincenti se giocano uniti e spingono tutti insieme verso un obiettivo».

Hai già citato top e flop stagionali, ma quali sono le tue considerazioni più profonde sulla prima parte di campionato?
«E’ del tutto ovvio che il dato numerico, ovvero la classifica, non mi soddisfi granché. Non siamo dove avremmo voluto essere e siccome, è cosa nota, non credo più di tanto all’elemento sfortuna e non mi piace che diventi un alibi di comoda presa. Quindi: rifiuto l’idea che la nostra posizione sia figlia della sfiga cosmica che ci ha colpito. Questo perché i guai colpiscono anche gli avversari e perché nel sentire comune, nell’opinione della stragrande maggioranza degli addetti ai lavori, questa Varese è squadra con ben altre potenzialità e giustamente in grado di puntare ad altri traguardi».

L’infortunio capitato a Kangur è sfortuna?
«No, e col senno di poi, posso tranquillamente dirti che senza i 53 minuti giocati contro Reggio Emilia la schiena di Kangur probabilmente non avrebbe fatto “crack”. Non in quel momento della stagione, almeno. Però, come ho detto, queste cose si spiegano col senno di poi ma, nel mentre, quando sai di poter portare a casa due punti importanti contro un top-team, come fai a tirarti indietro? Certo, con un pensiero razionale sarebbe stato più logico lasciare i due punti alla Grissin Bon e tenersi Kangur sano per il resto della stagione, ma questi ragionamenti si fanno a posteriori, da una scrivania e seduti in poltrona, non mentre stai giocando al massimo e ti stai scannando per vincere una gara».

Coppa e VescoviDa Presidente cosa chiedi al gruppo?
«Desidero, pretendo che il gruppo lavori sempre al massimo, senza lasciare nulla al caso, senza mai farsi catturare da un pericoloso stato di relax mentale. In tutta sincerità ti dico che avevo previsto e messo in conto la sconfitta contro Pistoia perché i cattivi presagi che un po’ tutti avevamo colto nella pessima fornita a Capo d’Orlando si erano allungati anche nella settimana pre-Pistoia: cattivi allenamenti, atmosfera poco concentrata e diversi altri piccoli segnali negativi. Avevo cercato di avvisare l’ambiente spargendo qualcosa tra “pepe” e dubbio ma poi, puntuale, ci è arrivata in testa la “tegola-Moretti”».

Pozzecco: tue valutazioni al riguardo?

«Sono sempre più felice, entusiasta e contento della scelta fatta l’estate scorsa quando, un po’ a sorpresa, puntammo tutto su Gianmarco. Prima di tutto perché -ma nel merito non avevo dubbi- si è rivelato un uomo vero. Mi domando, per esempio, quanti allenatori al suo posto, dopo Pistoia, si sarebbero messi a disposizione della società dichiarando pubblicamente la loro disponibilità a farsi da parte. Il Poz ci ha messo la faccia, ha fatto ammenda e con grande umiltà ha puntato il dito contro se stesso. Un gesto di coraggio e chiarezza nei rapporti che tutti hanno apprezzato e condiviso. Poi, detto questo, e al netto del fatto che è un esordiente in serie A, è evidente a tutti che Pozzecco si sta rivelando un allenatore davvero capace di gestire un gruppo, leggere le partite e svolgere pienamente e al meglio un mestiere così affascinante, ma duro, difficile e complicato. Gianmarco però ha dentro una carica umana, una naturale predisposizione ai rapporti che gli garantisce una marcia in più ed il rispetto incondizionato dei giocatori. Infine perché Pozzecco si sta confermando come “il” personaggio più importante del nostro basket e su questo aspetto, nel bene e nel male, non vorrei davvero dilungarmi. Tuttavia, se mi consenti vorrei aprire una parentesi su Cecco Vescovi che, al pari di Poz, si sta confermando un uomo di grandi qualità. Dopo essere stato per diversi anni l’uomo-simbolo della rinascita varesina, adesso, nel suo nuovo, e per lui più familiare, incarico tecnico, sta portando in dote esperienza, equilibrio, capacità tecniche, intelligenza ed umiltà. In pochi sanno che anche Cecco, come Gianmarco, dopo Pistoia si era dichiarato disponibile a rassegnare il mandato, sentendo su di sé il peso di risultati non all’altezza e la responsabilità per premesse disattese. Ad entrambi ho chiesto di non fare un passo indietro bensì due-dieci-mille passi avanti. Con forza. Con fierezza. Perché sono consapevole che Pozzecco, Vescovi, ma anche Max Ferraiuolo e tutte le persone che lavorano al fianco e dietro la squadra rappresentano il vero tesoro di un club che anche fuori dal parquet si sta dando da fare in maniera incredibile. Tantissime sono le idee che stiamo sviluppando, i contatti che stiamo portando avanti e le iniziative che abbiamo in cantiere. Tutto perché la Pallacanestro Varese diventi sempre più bella, gradevole, accessibile, accogliente e accattivante. Per tutti».

Massimo Turconi