Sesto anno come preparatore atletico del Varese. Cinque allenatori, decine di giocatori. Dalla Lega Pro alla serie B, per due volte ad un passo dalla serie A. Cinque stagioni alle spalle caratterizzate da intensità e continuità. Tutta Italia si è accorta del Varese che corre. Qualcuno ha mai pensato di “rapire” Giorgio Panzarasa?
“Sono varesino, quindi sto bene dove sono e mi godo giorno per giorno quello che è diventato il mio lavoro – risponde il prof. con un sorriso stampato sulle labbra –  Come ogni altro professionista è chiaro che ambisca anch’io a migliorarmi e migliorare  ma per ora mi basta aver ricevuto attestati di stima da ogni tecnico con cui ho lavorato, da Carmignani a Maran. Con Castori siamo solo all’inizio. Ha già messo in mostra il suo entusiasmo e sta mettendo tutto lo staff nelle condizioni di lavorare al meglio”.
Dal tuo primo anno con la prima squadra cos’è cambiato? Entusiasmo, dubbi, certezze…
“L’entusiasmo per il lavoro che amo è sempre lo stesso. Il salto in prima squadra dalle giovanili fu improvviso  e per certi versi inaspettato – ricorda Panzarasa – In sei anni ho visto e imparato tanto, qualche certezza in più ma i dubbi devono rimanere sempre. Servono per crescere”.
De Luca e Momentè, due atleti fisicamente all’opposto. Portarli entrambi alla miglior condizione con un unico preparatore non è semplice.
“Un unico preparatore deve necessariamente programmare diverse preparazioni a seconda delle caratteristiche fisiche dei calciatori che allena. Lo impone il calcio moderno. Bisogna saper fare di necessità virtù”.
Se fossi costretto a scegliere un allenatore tra quelli con cui hai lavorato?
“Mi verrebbe naturale scegliere Beppe Sannino. Con lui ho praticamente iniziato e lavorato tre anni con un crescendo fantastico”.
Un giocatore che ti dà soddisfazione?
“Restando al presente Troest. E’ il classico uomo e atleta del nord Europa. Un esempio per impegno e serietà”.
In una stagione lunga come quella della serie B quali sono i momenti topici del tuo lavoro?
“Oltre alla preparazione estiva quelli in cui si giocano turni infrasettimanali e quindi non si può svolgere il normale programma quotidiano.  Il recupero dei singoli dalle fatiche e dagli infortuni senza caricare, mantenendo la totalità della squadra nella miglior condizione generale”.
Allenatori e tuoi colleghi hanno accolto con soddisfazione la decisione di fermare il campionato in gennaio. Peccato che, oltre alla cronica carenza di strutture, nelle prime settimane dell’anno la nostra provincia è generalmente una ghiacciaia.
“E’ comunque una buona decisione. Solo speriamo ci sia qualche grado in più della passata stagione. Per quanto riguarda la povertà di strutture sportive non è un problema che penalizza solo il Varese. Da varesino conosco molto bene la situazione. Torniamo a quanto abbiam detto prima. La soluzione per chi non ha grandi possibilità  è sempre la stessa e qui al Varese funziona: fare di necessità virtù”.

R.B.